Il
mio nome è Giorgio e abito ormai da molti anni
su questa nuvoletta azzurra in Stardust Street
al numero 7. Sono stato chiamato direttamente
qui prima ancora di nascere, di conseguenza non
ho grandi ricordi che possano in qualche modo
farmi rimpiangere qualcosa, anche se a volte
sento la loro mancanza, come se mi fossi perso
qualcosa di molto importante.
Ma a
parte quei momenti sono cresciuto serenamente
insieme a tanti altri come me, cantando e
giocando senza mai avere grandi problemi.
Ero
perfettamente soddisfatto fino al giorno in cui
non vidi sfrecciare vicino alla mia nuvola il
grande Gabriele, aveva delle ali stupende mentre
le mie non erano ancora spuntate. Lo guardavo
ammirato e più lo guardavo più mi assaliva la
bramosia di avere anch’io delle ali simili alle
sue.
Un
desiderio che si ingigantiva giorno dopo giorno,
ora dopo ora, minuto dopo minuto.
Alla
fine non riuscendo più a trattenere la mia
impazienza mi feci coraggio, chiesi udienza
all’Eccelso in persona e finalmente dopo
un’attesa che a me parve lunghissima mi chiamò a
rapporto.
Disse che capiva la mia frenesia e che da quel
momento, avrei potuto dimostrare le mie
capacità.
Mi
spiegò il compito che mi aspettava in tutti i
suoi dettagli aggiungendo che durante le
missioni sulla terra non avrei mai dovuto
toccare o rivelarmi agli uomini, i miracoli per
il momento non mi erano concessi, dovevo usare
solo le mie capacità intellettive e cosa più
importante non abbandonare le mie ali, se mi
fossi separato da loro anche solo per un minuto
le avrei perse per sempre. Naturalmente ero al
settimo cielo dalla gioia ed iniziai così il mio
viaggio.
I
primi tempi mi trovai un po’ in difficoltà, mi
sentivo spaesato, i rumori assordanti,
l’oscurità mi metteva i brividi ed il vociare
delle persone era qualcosa a cui non ero
abituato, poi lentamente vi presi l’abitudine
adattandomi a quel ritmo frenetico.
Ero
inesperto e frastornato sentendo che mi
chiamavano da ogni luogo, cercandomi ed
invocando il mio aiuto.
Facevo il possibile per soccorrerli ma non
sempre il mio intervento era provvidenziale, a
volte succedeva pure che non potessi fare nulla
per chi piangeva e soffriva, dopotutto ero solo
un angelo alle prime esperienze e non il
Supremo.
Quell’incarico assorbiva il mio tempo giorno e
notte ma non mi lamentavo, anzi, più riuscivo a
portare conforto ad aiuto a qualcuno, più mi
sentivo in grado di fare sempre di più, sempre
meglio.
Ero
così impegnato che non mi accorsi che piano,
piano le mie ali avevano preso forma, erano
diventate grandi, morbide e sicure e questo per
un momento mi diede un certo compiacimento.
Finalmente ora, ero un angelo a tutti gli
effetti.
Poi
una gelida sera, di pieno inverno, sentii
qualcuno che mi invocava, con voce afflitta
cercava di me, ma la cosa alquanto strana era
che questa voce al contrario di tutte le altre
mi chiamava per nome, come se mi conoscesse ed
io non riuscivo a capire come potesse essere.
Seguendo quella voce mi ritrovai davanti ad una
bambina di circa otto o nove anni, stava
rannicchiata al buio senza piangere, senza
fiatare, nonostante ciò sentivo che la sua mente
era in contatto con la mia.
Mi
avvicinai a lei e mi accorsi che era spoglia e
tremava dal freddo.
Lei
parve avvertire la mia presenza, alzò lo sguardo
verso di me come se mi vedesse mentre le sue
labbra emisero un flebile lamento e questa volta
la sua voce la udii distintamente mentre
sussurrava: “Aiutami Giorgio, ti prego,
aiutami”.
Come
faceva a sapere il mio nome ed a sentire la mia
presenza? Chi era quella piccola ragazzina e
perché cercava proprio me?
Cercai di allontanare per un attimo quei
pensieri, dovevo solo trovare il modo di
prestarle aiuto, ma come e cosa avrei potuto
fare?
Prima di tutto dovevo cercare il modo di
riscaldarla o avrebbe potuto morire per il
freddo.
Ah
se avessi potuto soltanto sfiorarla con l’ala,
avrebbe percepito immediatamente quel calore che
le sarebbe bastato a non sentire più il gelo
della notte.
Sentivo verso quella bimba indifesa qualcosa di
particolare, come un senso di affezione, mi
sembrava quasi di essere un suo frammento.
Fu
per questo forse che senza pensarci mi avvicinai
maggiormente a lei e lentamente feci scivolare
sulle sue spalle le mie ali.
Lei
alzò immediatamente gli occhi verso di me e
sorridendomi mi disse: “Grazie fratello mio”.
A
quelle parole la mente si snebbiò completamente
e capii perché la sentissi a me così vicina,
quella bambina avrebbe dovuto essere, se fossi
nato, la mia sorellina terrena.
Mentre lei si stringeva al petto le mie ali, una
luce accecante mi avvolse nella sua scia e mi
ritrovai al cospetto dell’Eccelso.
Lui
si accorse immediatamente delle mie spalle nude,
invece di riprendermi mi sorrise e si
complimentò con me per aver donato la cosa a cui
tenevo di più, ma per aver trasgredito mi
toccava ritornare sulla terra e rimanervi fino a
quando quella bambina diventata ormai donna, non
avrebbe avuto più bisogno delle mie ali. E fu
così che ritornai nel luogo in cui la vidi e le
rimasi vicino negli anni a venire, ero diventato
il suo angelo personale, senza le ali
naturalmente, ma questo non mi pesava poi molto,
perché da lei avevo avuto il regalo più bello,
avevo trovato quella parte di me mai conosciuta,
scoprendo di essere amato sebbene non fossi mai
nato.